Modello di Bohr, Legge di Rydberg e sistema di unità Atomiche

Introduzione

La fisica atomica rappresenta uno dei pilastri fondamentali della fisica moderna, un campo che ha rivoluzionato la nostra comprensione della materia e dell'energia a livello microscopico. In questo articolo, esploreremo alcuni dei concetti chiave che hanno permesso di comprendere la struttura atomica e le transizioni energetiche che caratterizzano il comportamento degli elettroni. Partiremo dalla legge empirica di Rydberg-Ritz, che descrive con sorprendente precisione le frequenze dei fotoni emessi durante i salti quantici, per poi analizzare il rivoluzionario modello atomico proposto da Niels Bohr. Questo modello, pur precedente alla meccanica quantistica completa, è riuscito a spiegare con notevole accuratezza le proprietà dell'atomo di idrogeno attraverso un approccio semi-classico. Infine, esamineremo i sistemi di unità di misura specifici utilizzati nella fisica atomica e quantistica, che permettono di semplificare notevolmente il formalismo matematico e di concentrarsi sulla fisica del problema. Questi strumenti concettuali non solo hanno un valore storico, ma continuano a essere fondamentali per lo studio e l'insegnamento della fisica atomica contemporanea.

Legge di Rydberg-Ritz

Nell'esperimento di Frank-Hertz abbiamo osservato come gli atomi assorbano energia e successivamente la riemettano tramite fotoni con frequenze specifiche. Questa fondamentale scoperta, insieme all'invenzione dello spettroscopio che permette di osservare lo spettro di questi fotoni, ha aperto la strada allo studio sistematico dell'emissione atomica. Gli scienziati si concentrarono particolarmente sul comportamento degli elettroni durante il passaggio da livelli energetici eccitati allo stato fondamentale (ground state), utilizzando l'atomo di idrogeno come modello ideale per questi studi per via della sua semplicità strutturale. Attraverso numerosi esperimenti, Rydberg e Ritz formularono una legge empirica—derivata esclusivamente dalle osservazioni sperimentali—che quantifica la frequenza del fotone emesso dall'atomo durante un salto di livello energetico:
\begin{equation}
\nu_{ab} = c R_{\infty} \left(\frac{1}{n_a^2}-\frac{1}{n_b^2} \right)
\end{equation}
Dove:

  • $\nu_{ab}$ rappresenta la frequenza del fotone emesso.
  • $c$ è la velocità della luce.
  • $R_{\infty}$ è la costante di Rydberg, il cui valore sperimentale è $\SI{109737,24}{\per\centi\meter}$, questa si ricava facendo un fit con i dati sperimentali.
  • n_a$ e $n_b$ sono i numeri quantici principali dei livelli energetici coinvolti.

Per osservare questi salti di livello è necessario utilizzare uno spettroscopio, poiché transizioni tra livelli diversi producono fotoni con frequenze caratteristiche. Ad esempio, la transizione dal terzo livello al primo emette un fotone con frequenza differente rispetto alla transizione dal secondo al primo livello. La brillante intuizione di Bohr fu collegare queste frequenze al salto energetico, permettendoci tra l'altro di determinare l'energia di ionizzazione dell'atomo di idrogeno, ovvero l'energia necessaria per separare completamente l'elettrone dal protone (dalla condizione ground state a una distanza infinita).

Perché transizioni verso il Ground State?

Una domanda sorge spontanea: perché nelle osservazioni sperimentali vediamo prevalentemente transizioni verso lo stato fondamentale?
La risposta risiede nella natura collettiva degli esperimenti. Infatti non siamo in grado di studiare gli atomi singolarmente, bensì lavoriamo con quantità macroscopiche di materia, dell'ordine del numero di Avogadro (∼\sim 10^{23} particelle). In queste condizioni, dobbiamo applicare la statistica di Maxwell-Boltzmann per comprendere la distribuzione degli atomi nei vari stati energetici.

Secondo Maxwell-Boltzmann, la probabilità di trovare un atomo in un determinato stato energetico a una temperatura $T$ dipende esponenzialmente dall'energia di quello stato. Possiamo calcolare il rapporto tra la popolazione del primo stato eccitato ($n=2$) e quella dello stato fondamentale ($n=1$), trovando:
\begin{equation}
\frac{N_{n=2}}{N_{n=1}} \simeq g_2 \cdot e^{-\frac{\Delta E}{k_B T}}
\end{equation}
dove $g_2 = 4$ rappresenta la degenerazione del primo livello eccitato, $\Delta E \approx \SI{10}{eV}$ è la differenza di energia, e $k_B \approx \SI{8.6e-5}{eV/K}$ è la costante di Boltzmann.
Confrontiamo due situazioni di temperatura:

  • A temperatura ambiente ($T = \SI{300}{K}$):
    \begin{equation}
    \frac{N_{n=2}}{N_{n=1}} \simeq 4 \cdot e^{-\frac{10}{8.6 \times 10^{-5} \times 300}} \simeq 4 \cdot e^{-388} \approx e^{-387}
    \end{equation}
  • A temperatura elevata ($T = \SI{3000}{K}$):
    \begin{equation}
    \frac{N_{n=2}}{N_{n=1}} \simeq 4 \cdot e^{-\frac{10}{8.6 \times 10^{-5} \times 3000}} \simeq 4 \cdot e^{-38.8} \approx e^{-37.8}
    \end{equation}

Per valutare se queste probabilità sono significative, dobbiamo confrontarle con il numero totale di atomi in gioco ($\sim 10^{23}$). A temperatura ambiente, la probabilità di trovare atomi nel primo stato eccitato è praticamente nulla ($e^{-387} \cdot 10^{-23} \ll 1$), il che spiega perché osserviamo quasi esclusivamente atomi nello stato fondamentale. A temperature molto elevate ($T = \SI{3000}{K}$), la situazione cambia: $e^{-37.8} \approx 10^{-16}$, che moltiplicato per $10^{23}$ atomi, significa che avremo circa $10^7$ atomi nel primo stato eccitato, quindi un numero non trascurabile che rende possibile osservare anche transizioni verso questo livello. Questo spiega perché negli esperimenti a temperatura ambiente osserviamo principalmente transizioni verso lo stato fondamentale: statisticamente, la stragrande maggioranza degli atomi si trova già in questo stato.

Modello Atomico di Bohr

Il modello atomico di Bohr rappresenta una tappa fondamentale nella comprensione della struttura atomica. Proposto nel 1913 dal fisico danese Niels Bohr, questo modello cerca di risolvere i problemi di stabilità dell'atomo emersi dal modello planetario di Rutherford. La particolarità del modello di Bohr è che, pur derivando da principi della meccanica classica integrati con ipotesi quantistiche, fornisce risultati in notevole accordo con i dati sperimentali. Il suo limite principale - scoperto successivamente - riguarda l'assunzione che il momento angolare orbitale dell'elettrone non potesse essere nullo, un'affermazione che sarà poi corretta dalla meccanica quantistica.

Ipotesi di Bohr

Prima di addentrarci nelle ipotesi di Bohr, è utile ricordare che l'esperimento di Rutherford (1911) aveva evidenziato come gli atomi fossero composti da un nucleo centrale molto piccolo e denso, carico positivamente, attorno al quale orbitavano gli elettroni. Questo modello "planetario'' presentava però un problema cruciale: secondo l'elettrodinamica classica, una carica elettrica in movimento accelerato (come l'elettrone in orbita) dovrebbe irradiare energia elettromagnetica, perdendo rapidamente energia cinetica e collassando sul nucleo. Questo collasso renderebbe impossibile l'esistenza di atomi stabili - una contraddizione con l'evidenza sperimentale.
Quindi Bohr, per costruire il suo modello, propose le seguenti ipotesi:

  • Gli elettroni compiono orbite stabili attorno al nucleo.
  • Gli elettroni hanno un momento orbitale quantizzato, vale a dire che il momento angolare può assumere soltanto determinati valori e questi sono discreti e non continui.
  • Gli elettroni quando cambiano livello energetico emettono un fotone con energia pari alla differenza energetica tra il salto di partenza e quello di arrivo.

Vediamo quantitativamente quali sono i risultati che si trovano a partire da queste ipotesi.
Dall'ipotesi sulla quantizzazione del momento angolare possiamo scrivere:
\begin{equation}
   mvr = n\cdot l
\end{equation}
Dove con $n$ indico un numero intero, mentre con $l$ una certa costante di cui bisogna trovarne il valore.
Sull'elettrone agiscono due forze: una di natura elettrostatica e l'altra di natura centrifuga. Affinché le orbite siano stabili, come richiesto dalle ipotesi, è necessario che la forza elettrostatica sia uguale in modulo e opposta in verso alla forza centrifuga, perciò uguagliando i moduli delle forze si ha:
\begin{equation}
   m\frac{v^2}{r}= \frac{Ze^2}{4\pi \varepsilon_0}\frac{1}{r^2}
\end{equation}
Dove $Z$ è il numero atomico.
Notando il termine a sinistra dell'ultima equazione somiglia molto al momento angolare, si moltiplica e si divide il primo membro per $mr^2$, trovando:
\begin{equation}
   \frac{(mvr)^2}{mr^3}= \frac{Ze^2}{4\pi \varepsilon_0}\frac{1}{r^2} \Rightarrow (nl)^2= \frac{Ze^2}{4\pi \varepsilon_0}mr
\end{equation}
Nell'ultimo passaggio si è utilizzato il fatto che il momento angolare sia quantizzato, cioè che $mvr = n\cdot l$.
Adesso invertendo quest'ultima relazione, troviamo il raggio in funzione di $n$, quindi dell'ordine di quantizzazione:
\begin{equation}
   r_n=\frac{4\pi \varepsilon_0}{mZe^2} (nl)^2
\end{equation}
L'atomo è un sistema legato, quindi tra nucleo e elettrone c'è una forza elettrostatica attrattiva, e perciò l'energia potenziale sarà negativa. Essendo in presenza di un potenziale Coulombiano, conosciamo la forma dell'energia potenziale, infatti:
\begin{equation}
   U_{(r)}=-\frac{Ze^2}{4\pi \varepsilon_0}\frac{1}{r}
\end{equation}
Dal teorema del viriale sappiamo che, in presenza di potenziali del tipo $V_{(r)}=Cr^{\alpha}$, vale $K=\frac{\alpha}{2} V$, dove $K$ è l'energia cinetica. Nel nostro caso si ha $K=-\frac{1}{2} U$ e, siccome $U$ è negativa, $K$ sarà positiva, coerentemente al fatto che l'energia cinetica deve essere tale. Ma quindi l'energia totale del nostro sistema sarà:
\begin{equation}
   E=K+U=-\frac{U}{2}+U=\frac{U}{2}=-\frac{1}{2}\frac{Ze^2}{4\pi \varepsilon_0}\frac{1}{r_n}
\end{equation}
Sostituendo l'espressione del raggio trovata prima, si ha:
\begin{equation}
   E_n=-\frac{m}{2}\left(\frac{Ze^2}{4\pi \varepsilon_0}\right)^2 \frac{1}{(nl)^2}
\end{equation}
Non resta che trovare il valore di $l$. A tal fine usiamo la terza ipotesi di Bohr, ovvero che l'energia del fotone emesso debba essere pari alla differenza energetica tra i livelli coinvolti del salto. Perciò:
\begin{equation}
   E_{n+1}-E_n=\frac{m}{2}\left(\frac{Ze^2}{4\pi \epsilon_0}\right)^2 \frac{1}{l^2}\left(\frac{1}{(n+1)^2}-\frac{1}{n^2}\right)
\end{equation}
Per $n\gg 1$ si ha che:
\begin{equation}
   \left(\frac{1}{(n+1)^2}-\frac{1}{n^2}\right)\simeq\left(\frac{n^2-n^2-1-2n}{n^2(n+1)^2}\right)\simeq \frac{2}{n^3}
\end{equation}
Sostituendo nella differenza di energia si trova:
\begin{equation}
   \Delta E \simeq E_{n+1}-E_n=\frac{m}{2}\left(\frac{Ze^2}{4\pi \epsilon_0}\right)^2 \frac{2}{l^2n^3}=m\left(\frac{Ze^2}{4\pi \epsilon_0}\right)^2 \frac{1}{l^2n^3}
\end{equation}
Ma siccome per l'ipotesi fatta da Bohr si ha che $h \nu_n=\Delta E= E_{n+1}-E_n$, troviamo:
\begin{equation}
   \nu_n =\left(\frac{Ze^2}{4\pi \epsilon_0}\right)^2 \frac{m}{h l^2n^3}
\end{equation}
Ricordandoci della relazione $mvr=nl$, si ha che:
\begin{equation}
   v_n=\frac{nl}{mr_n}= \frac{Ze^2}{4\pi \epsilon_0}\frac{1}{n l}
\end{equation}
In un moto circolare uniforme, la frequenza di rivoluzione è pari a $\nu=2\pi \frac{v}{r}$, quindi nel nostro caso si trova:
\begin{equation}
   \nu_n= 2\pi \left(\frac{Ze^2}{4\pi \epsilon_0}\right)^2 \frac{m}{n^3l^3}
\end{equation}
Vediamo che l'unico modo affinché le due frequenze trovate siano uguali, è che $l=\hbar$. Notiamo inoltre che non è un errore mettere $\hbar$, infatti nella formula trovata a partire dalla frequenza di rivoluzione del moto circolare uniforme, è presente un $2\pi$.

Sistemi di Unità di Misura

In fisica spesso si utilizzano sistemi di unità di misura specifici che semplificano notevolmente i calcoli e le relazioni tra grandezze fisiche. In questa sezione, esamineremo due importanti sistemi: le unità naturali e le unità atomiche.

Unità Naturali

Nel sistema delle unità naturali, alcune costanti fondamentali vengono poste uguali a 1, permettendo così di rapportare tutte le altre grandezze fisiche a queste costanti. In particolare, si pone:

  • La velocità della luce $c=1$.
  • La costante di Planck $h=1$.
  • La costante di Boltzmann $k_b=1$.
  • La costante di gravitazione universale $G=1$.

Questo approccio permette di stabilire relazioni dirette tra grandezze fisiche che normalmente hanno dimensioni diverse. Vediamo alcuni esempi significativi:Ponendo $c = 1$, possiamo collegare le lunghezze d'onda (misurate in cm$^{-1}$) alle frequenze. La relazione fondamentale è:
\begin{equation}
\omega = c \cdot k \Rightarrow \nu = \frac{c}{\lambda}
\end{equation}
dove $\omega$ è la pulsazione e $k$ è il numero d'onda. Quindi con $c = 1$, otteniamo:
\begin{equation}
\nu = \frac{1}{\lambda}
\end{equation}
Ciò significa che ad una lunghezza d'onda di 1 cm$^{-1}$ corrisponderà una frequenza temporale pari a $c = 2,998 \times 10^{10}$ cm/s. Ponendo anche $h = 1$, possiamo stabilire un'equivalenza diretta tra frequenza ed energia attraverso la relazione di Planck:
\begin{equation}
E = h \nu = \nu \quad \text{(con $h = 1$)}
\end{equation}
Concatenando queste relazioni, abbiamo stabilito un collegamento diretto tra numeri d'onda (cm$^{-1}$) ed energie:
\begin{equation}
E = h \frac{c}{\lambda}
\end{equation}
Con $h = c = 1$, otteniamo semplicemente $E = \frac{1}{\lambda}$, da cui si ricava che $1 J$ corrisponde a circa $5.03x10^22cm^{-1}$.
Nella fisica atomica, spesso risulta più conveniente esprimere le energie in elettronvolt (eV) anziché in joule, dato che le energie coinvolte sono molto piccole, pertanto risulterebbe molto scomodo usare i Joule. Un elettronvolt è definito come il lavoro compiuto da un elettrone in un campo elettrico con una differenza di potenziale di 1 V:
\begin{equation}
1 \text{ eV} = 1,602176634 \times 10^{-19} \text{ J}
\end{equation}
Convertendo in numeri d'onda, si trova:
\begin{equation}
1 \text{ eV} \approx 8065,54429 \text{ cm}^{-1}
\end{equation}
Un'unità di energia fondamentale negli studi atomici è il Rydberg (Ry), che vale circa $109737,24cm^{-1}$, che corrisponde all'energia di ionizzazione dell'atomo di idrogeno nello stato fondamentale:
\begin{equation}
1 \text{ Ry} = 13,606 \text{ eV}
\end{equation}
È importante distinguere il Rydberg dall'Hartree (Ha), un'altra unità di energia utilizzata nella fisica atomica:
\begin{equation}
1 \text{ Ha} = 2 \text{ Ry} = 27,211 \text{ eV}
\end{equation}
La scelta tra queste unità dipende spesso dalla formulazione matematica dei problemi in esame, ed è essenziale prestare attenzione a quale unità si sta utilizzando per evitare errori nei calcoli.

Unità Atomiche

Il sistema delle unità atomiche, spesso chiamato sistema di Hartree, segue un principio simile a quello delle unità naturali, ma è specificamente progettato per semplificare i calcoli nella fisica atomica. In questo sistema, si pongono uguali a 1 le seguenti grandezze:

  • $e=1$ carica elementare dell'elettrone.
  • $m_e=1$ massa dell'elettrone.
  • $\hbar =1$ Costante di Planck Ridotta.
  • $k_c=4\pi \epsilon_ 0=1$ Costante di Coulomb.

In questo modo, la carica di una particella viene espressa come multiplo della carica dell'elettrone, la massa come multiplo della massa dell'elettrone, e così via. Questo sistema risulta particolarmente conveniente quando si studiano gli atomi. Un esempio illuminante dell'utilità delle unità atomiche è dato dall'energia dell'atomo di idrogeno secondo il modello di Bohr. L'espressione generale per l'energia abbiamo detto essere:
\begin{equation}
E_n = -\frac{1}{(4\pi\varepsilon_0)^2} \cdot \frac{m_e e^4}{2\hbar^2} \cdot \frac{Z^2}{n^2}
\end{equation}
dove $Z$ è il numero atomico e $n$ è il numero quantico principale. Nel caso dell'idrogeno ($Z = 1$) e utilizzando le unità atomiche ($e = m_e = \hbar = 1$ e $4\pi\varepsilon_0 = 1$), questa espressione si semplifica notevolmente:
\begin{equation}
E_n = -\frac{1}{2n^2}
\end{equation}
Questa semplificazione evidenzia il vantaggio principale delle unità atomiche: le formule complesse si riducono a espressioni molto più gestibili, permettendo di concentrarsi sulla fisica del problema piuttosto che sulla gestione delle costanti.Per l'atomo di idrogeno nello stato fondamentale ($n = 1$), troviamo $E_1 = -0,5$ Ha, che equivale esattamente a -1 Ry, ossia -13,6 eV, su quest'ultimi due risultati bisogna prestare molta attenzione e stare attenti a non confondersi.

Conclusioni

In questo articolo abbiamo esplorato come le osservazioni degli spettri atomici abbiano condotto a una profonda rivoluzione nella fisica. La legge di Rydberg-Ritz ha fornito una prima interpretazione empirica delle frequenze discrete negli spettri, mentre il modello di Bohr ha introdotto la rivoluzionaria quantizzazione delle orbite elettroniche. I sistemi di unità di misura specializzati che abbiamo esaminato non sono mere convenzioni, ma strumenti che evidenziano le relazioni fisiche fondamentali tra diverse grandezze. Il modello di Bohr, pur superato dalla meccanica quantistica moderna, rimane un prezioso strumento didattico e un esempio di come un'intuizione fisica corretta possa anticipare sviluppi teorici più completi. La fisica atomica continua a influenzare la nostra comprensione del mondo microscopico, con importanti applicazioni che spaziano dalla spettroscopia all'informatica quantistica.